Il panforte e gli altri dolci

Panforte, Siena, Toscana

Tra i dolci natalizi più celebrati il panpepato, tradizionale di Umbria e Toscana, del quale si trova memoria anche a Ferrara, Venezia, Milano, Viterbo. Il panforte è una variante sul tema, che a Siena ha avuto un grande sviluppo, accanto ad altri dolci peculiari. In origine ci fu – a quanto pre – il melatello, focaccia a base di farina di frumento con pezzi di frutta di stagione, il tutto cotto a fuoco lento. La composizione dava origine a muffe, quindi a un sapore acido (forte) da cui, molto probabilmente, il nome. L’aggiunta di miele serviva a mitigare il sapore. La versione con il pepe sembra sia  legata a Niccolò Salimbeni, membro della “brigata spendereccia”, passato alla storia per aver introdotto in cucina l’uso dei chiodi di garofano. Era così famoso da meritare una citazione nella Divina Commedia: «..Niccolò che la costuma ricca del garofano prima discoverse ne l’orto dove tal seme s’appicca». Bisogna considerare che, all’epoca, l’uso alimentare delle spezie, pese in considerazione solo in chiave medica, sembrava una stravaganza. Ma tant’è: una certezza sulla nuova abitudine è il  documento del 1206 del monastero di Montecellesi (oggi Montecelso), nei pressi di Fonte Becci, che cita  «panes piperatos et melatos», cioè pani con pepe e miele, ricevuti in qualità di tributo annuale “in natura” da parte di chi si occupava dei poderi delle monache. Questa era una usanza consolidata: nel XIII secolo il panpepato è conosciuto e apprezzato per il suo valore legato al pepe, così prezioso che era usato spesso al posto delle monete. Il riconoscimento valeva per tutte  le spezie che arrivavano dall’Oriente e per lo zucchero di canna, edulcorante di un valore imparagonabile al comune miele. Al tempo stesso, nessuno metteva in dubbio il potere afrodisiaco e il valore medicamentoso del pepe, tant’è che la produzione di panforti e panpetati rimane per secoli nelle mani degli spezieri, ovvero dei farmacisti. In qualsiasi forma fosse assunto, al pepe viene attribuita la capacità di curare i temperamenti freddi e le malattie che nascono da crudezze di umori, avendo la virtù di riscaldare, stimolare e dar moto al sangue, oltre ad aiutare la digestione. Secondo lo stesso principio, nel 1460 la farmacia dell’Ospedale di Santa Maria della Scala invia mandorle confecte (i nostri confetti)per dodici soldi a Fra Iacomo granciere a Monteghisi (oggi Montisi), perché si sentiva male. Il privilegio di essere gli unici a preparare i panpepati aveva valore solo nei centri ove esistevano spezierie, ma lo speziere poteva delegare la cottura ad un forno: a Buonconvento, i fornai Girolamo Giannelli e Antonio Bellugi ottengono nel 1772 il permesso di vendere panpepati di loro produzione. Sempre per praticità, la vendita avviene ovunque: nelle locande, taverne e botteghe di generi commestibili. Le spezierie comunque restano il riferimento, e si ingegnano per affinare i prodotti. Ed ecco che, rielaborando la ricetta del panpepato nel tempo, privandola del pepe e aumentando i canditi, si è ottenuto il  più delicato panforte fino alle sue attuali varianti: margherita, nero, al cioccolato…

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https://www.youtube.com/watch?v=2RZGw7t5h2I
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